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NIENTE STA SCRITTO

documentario,  52′, 2017

regia di Marco Zuin | musiche Bottega Baltazar | prodotto da  Fondazione Fontana Onlus con FilmWork srl

Nothing is Written, Niente sta scritto, è una battuta del celebre film del 1962 Lawrence d’Arabia pronunciata dallo stesso Lawrence (Peter O’Toole) ad un incredulo Sherif Ali (Omar Sharif) che lo vede tornare dalla difficile missione di recuperare un compagno in territorio ostile. La vita riserva sorprese, anche positive: niente sta scritto. Nulla è scontato, nel bene e nel male. La vita (anche quella biologica) è segnata dalla libertà, il destino dalla necessità: ma la vita supera il destino.

 

A raccontare che Niente sta scritto saranno i protagonisti del film.

Piergiorgio Cattani è uno studioso e giornalista trentino, da sempre convive con una grave malattia degenerativa, la distrofia muscolare di Duchenne. Attraverso la vita, il lavoro, la rete di relazioni che gli gravita attorno ha capito che l’unica via d’uscita è la consapevolezza di poter fare qualcosa per gli altri. Mi salvo se voglio e posso fare qualcosa per gli altri.

Martina Caironi è una giovane atleta paralimpica pluricampionessa, la donna con protesi più veloce al mondo. Rimasta coinvolta in un incidente stradale che le ha causato l’amputazione della gamba sinistra all’altezza del femore, alle sue protesi ha dato nomi buffi, per sdrammatizzare e renderle più umane: con Berta cammina e va a ballare con le amiche, con Cheeta corre e va più veloce del vento.

INTENZIONI DI REGIA
Questo documentario non è un’altra storia di disabilità e non è la storia di una malattia. Questi elementi ci sono, e sono evidenti. Ad interessare il nostro racconto sono i rapporti, le relazioni, le conflittualità, le rassicurazioni e i desideri, l’esperienza esistenziale: la malattia e la disabilità portano angoscia che si vince pensando agli altri.
È una storia che parla di guarigione, che va oltre il corpo fisico. Ci prefiggiamo di superare i protocolli e di raccontare le difficoltà per una persona disabile a esprimere se stesso, andando oltre gli schemi fissi e che vengono ripetuti anche dalle associazioni di “categoria” nell’approccio alla disabilità (scuola, sanità, mondo del lavoro), per dimostrare la possibilità di aprire nuovi percorsi controcorrente, vincendo il rischio dell’emarginazione o della chiusura in se stessi.

Ad ognuno il suo ausilio.
Il progresso scientifico ha un ruolo sempre più decisivo (nello sport e nella vita) per chi ha una disabilità. È fondamentale e “restituisce” ciò che una malattia o un incidente ha tolto. La tecnologia diventa estensione del corpo, diventa nuova possibilità. Nello scorrere dei minuti del documentario, scopriremo che il cuore del film diventa proprio il prendersi cura dell’altro, comprese le proprie fragilità personali e le proprie difficoltà, per dare una prospettiva di vita vera. Lo facciamo attraverso due figure, due diverse forme di partecipazione: la massima visibilità (lo sport) e un atteggiamento riservato (la firma di un giornalista) per raccontare l’estensione del sé in rapporto alla comunità.

Questo documentario non ha la presunzione di insegnare, ma semplicemente la sincerità di mostrare che un altro modo di vedere il mondo è possibile. Non ci sono persone geniali, non siamo di fronte a eroi, angeli o campioni di sopportazione oppure a individui con capacità intellettive superiori, con mezzi economici molto cospicui o con appoggi altolocati. Certamente alcuni standard minimi di assistenza e alcune capacità personali sono indispensabili, ma si può dimostrare che tutti possono raggiungere dei risultati per se stessi per gli altri. Dimenticando la pietà non assistiamo più ad una vicenda che ha per protagonisti un ragazzo e un portatore di handicap, ma ci concentriamo con semplicità sulla storia di un uomo. E dell’importanza della comunità.

Niente sta scritto ci parla anche di come il territorio, che è fatto di servizi, persone, relazioni, influisce nelle nostre possibilità puntando l’attenzione sul diverso che diventa forza della comunità. Se diamo attenzione a chi è diverso cresciamo come individui e come comunità. Scrive Piergiorgio Cattani “la Provincia autonoma di Trento, a differenza di altre zone d’Italia, offre servizi molto utili per i disabili, dal punto di vista economico e socio-sanitario […]. La rete di assistenza sociale e sanitaria è tra le migliori del Paese. Infine la mentalità corrente, seppur ancora da migliorare, è positiva verso i disabili, considerati sempre più spesso come persone “normali” e non semplicemente come malati o persone da aiutare. Occorrerebbe però fare un passo in avanti: vedere i disabili come “risorsa” […] in ogni ambito sociale, in ogni professione. Per raggiungere questo obiettivo è opportuno sensibilizzare l’opinione pubblica trentina che spesso non conosce le storie positive […].”